25 maggio 2018

cosa si impara

Ieri io e il Gmarito siamo stati al funerale di un bambino.
Cosa si impara dalla morte di un bambino di quasi otto anni?
Prima la rabbia, poi il senso di ingiustizia, poi le domande.
Domande che non ti fai, però, quando leggi di altri innocenti che muoiono nel mondo ogni minuto.
Oppure te le fai di sfuggita, distratto da altre cose urgenti, e a cui dai risposte preconfezionate da bravo cristiano.
Poi la tragedia si abbatte su qualcuno a te vicino, per il quale tanto avevi pregato.

E ti chiedi a cosa siano servite le tue belle preghiere, per le quali ti eri sentito tanto bravino.
Credo che anche la Madonna abbia pregato perchè suo figlio non venisse condannato a morte.
Chi più di lei meritava di essere ascoltata?
Nata senza peccato, messa incinta dallo Spirito Santo in persona, madre di un uomo buonissimo che compiva miracoli e faceva solo del bene.
Non si sarà sentita terribilmente presa in giro? Non avrà visto anche lei un cielo vuoto, o in alternativa beffardo e crudele?
Se anche lei, che la sapeva lunga sulla preghiera, è stata inascoltata, è forse perchè anche lei non aveva capito il seguito.

Quello che vale per tutti, e che è stato detto ieri al funerale: 
Che per risorgere, bisogna morire, non è che ci siano altre strade. O scorciatoie meno dolorose.

Durante la cerimonia i genitori e i tre fratelli del piccolo Luca sono stati eroici, sono stati contenuti dall'abbraccio di tantissime persone.
E le risposte alle mille furibonde domande sono arrivate numerose, provocatorie, hanno scosso la mia pochissima fede traballante.

Cosa possiamo chiedere per noi stessi e per gli altri di meglio che la vita eterna?
Mattia e Federica hanno dovuto lasciare andare il loro piccolo bambino, ma sapendo che lui ha ricevuto in anticipo il dono più bello.
Noi tutti abbiamo chiesto per lui la guarigione, ma Dio ha superato la nostra preghiera per dargli un dono più grande, il più grande di tutti. Perchè lui così presto, non lo possiamo sapere.
Però possiamo reagire in due modi:
o ci disperiamo e viviamo nella paura che qualcosa di brutto possa accadere a noi o alle persone che amiamo (e la paura è quella cosa che fa nascondere il talento della parabola sotto terra, rimanendo una cosa sterile)
oppure viviamo ogni giorno come un dono, pensando che è ora,proprio adesso, il momento di amare e spendere i talenti (non abbiate timore per il domani, perchè ad ogni giorno basta la sua pena)

Il dolore non ce lo toglie nessuno, ma è un dolore che sa che quel bambino è stato messo al sicuro, dove nessuno può vederlo, per ora, ma è salvo.

A noi non resta che pregare per questa famiglia, come i bambini, che mettono in fila le avemarie senza la pretesa di sapere cosa chiedere, ma sapendo che Lui le raccoglie e sa cosa farne. Per il loro bene.
Questa è la frase preferita della mamma di Luca. 
Che vi sia dolce, guardare il cielo.


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